
Huawei ha ufficialmente reso noto di voler sviluppare un chip con processo produttivo a 3 nanometri (nm) entro il 2026, in collaborazione con Semiconductor Manufacturing International Corporation (SMIC). Questa notizia, pubblicata da Mobile World Live, conferma un obiettivo ambizioso per l’azienda cinese, che da tempo si trova al centro di tensioni commerciali e tecnologiche con gli Stati Uniti . L’intento di Huawei è chiaro: ridurre al minimo la dipendenza da fornitori esterni di semiconduttori e affermarsi come protagonista nella corsa alla miniaturizzazione dei transistor, puntando a offrire SoC (System-on-Chip) sempre più performanti per le proprie linee di prodotto.
L’alleanza con SMIC non è una novità: i due gruppi cinesi hanno già collaborato in passato per progettare e produrre processori a 5 nm, nonostante le restrizioni imposte dagli Stati Uniti sul trasferimento di tecnologie avanzate. Come riportato da Reuters, l’intenzione di produrre semiconduttori all’avanguardia è parte di un piano statale più ampio, che include anche la realizzazione di memorie ad alta larghezza di banda (HBM) entro il 2026, anch’esso guidato da Huawei . Le sanzioni statunitensi hanno rallentato (ma non arrestato) il percorso progettuale, costringendo entrambe le realtà cinesi a sviluppare competenze proprie in mancanza di accesso alle attrezzature di litografia extreme ultraviolet (EUV) prodotte da ASML nei Paesi Bassi.
Il salto dai 5 nm ai 3 nm non è banale: Huawei prevede di adottare la tecnologia Gate-All-Around (GAA) e di sperimentare materiali bidimensionali come i nanotubi di carbonio per sostituire i transistor convenzionali in silicio, migliorando l’efficienza energetica e riducendo le perdite di corrente. Il GAA, già utilizzato da Samsung per la produzione dei suoi chip a 3 nm, avvolge il canale del transistor su tutti e quattro i lati, garantendo un controllo più preciso del flusso di elettroni e una maggiore densità di integrazione . Queste innovazioni puntano a ottimizzare le prestazioni e a contenere il consumo energetico, aspetti critici soprattutto in applicazioni di intelligenza artificiale (IA) e nei dispositivi mobili di fascia alta.
Nel quadro di questo progetto, il termine “tape out” indica l’ultima fase di progettazione del chip prima di inviarlo alla fonderia per la produzione: secondo un report di Huawei Central, Huawei intende completare il tape out del suo SoC a 3 nm già nel corso del 2026, in modo da poter consegnare il progetto definitivo a SMIC entro la fine dell’anno . La produzione vera e propria, naturalmente, richiederà ulteriori mesi di validazione e test, durante i quali SMIC dovrà garantire rese produttive sufficienti per soddisfare gli standard di mercato. Per confronto, i processi produttivi a 5 nm di SMIC, pur se tecnicamente efficaci, hanno finora registrato rese di circa il 20–50 %, ben al di sotto dei livelli del 70 % considerati vitali per la competitività commerciale .
Le sanzioni statunitensi rappresentano la maggiore sfida per Huawei e per il suo partner SMIC. Senza l’accesso a macchine EUV di ASML, la fonderia cinese ha dovuto affidarsi a sistemi deep ultraviolet (DUV) potenziati e a tecniche di multi-patterning (SAxP) per avvicinarsi ai nodi più avanzati. Come analizzato da American Affairs Journal, tali strategie, pur ingegnose, presentano limiti tecnici significativi quando si tenta di raggiungere i 3 nm: la complessità produttiva e il costo economico delle attrezzature DUV rendono arduo ottenere rese soddisfacenti a questi livelli di miniaturizzazione . Per ovviare a queste difficoltà, la Cina ha potenziato gli investimenti in aziende come SiCarrier, startup affiliata a Huawei che punta a sviluppare internamente macchine litografiche avanzate, riducendo gradualmente il gap tecnologico con i leader globali .
SiCarrier, fondata nel 2021 e sostenuta dal governo di Shenzhen, ha in agenda raccolte fondi per circa 2,8 miliardi di dollari e mira a diventare un fornitore completo di equipaggiamenti per la produzione di semiconduttori in Cina, sfidando player come Naura e Advanced Micro-Fabrication Equipment China (AMEC) . L’ambizione è chiara: creare un ecosistema locale che vada dalla progettazione dei wafer alla litografia, fino al testing finale dei chip. In tale scenario, il know-how accumulato da Huawei nella progettazione di architetture per l’IA (ad esempio il suo ecosistema CANN, concorrente dell’ecosistema CUDA di Nvidia) si integra con le capacità produttive di SMIC e con l’innovazione nelle attrezzature di SiCarrier, offrendo una base solida per competere sul palcoscenico globale.
È interessante notare come Samsung detenga attualmente il primato nell’impiego di transistor GAA per processi a 3 nm, grazie alla propria capacità di progettare e produrre internamente le macchine EUV. Huawei, pur non potendo ancora contare su apparecchiature EUV cinesi paragonabili, ha dimostrato grande flessibilità nell’adottare strategie alternative, come il ricorso ai materiali bidimensionali e a tecniche di multi-patterning avanzate, per avvicinarsi agli standard internazionali . Questo approccio ibrido, che combina elementi di progettazione proprietaria e collaborazioni con partner nazionali, potrebbe rappresentare un modello di resilienza per altre aziende cinesi sottoposte a restrizioni tecnologiche.
Analizzando il contesto internazionale, è evidente che la corsa ai 3 nm sia cruciale non solo per l’elettronica consumer, ma soprattutto per il settore dell’intelligenza artificiale. Secondo fonti Reuters, Huawei ha previsto di iniziare la produzione di massa del suo chip AI Ascend 910C già nel primo trimestre del 2025, basato su un processo N+2 sviluppato da SMIC, ma le rese attuali non superano il 20 % e restano ben al di sotto del livello necessario per la competitività commerciale . Passare a un processo a 3 nm significherebbe migliorare significativamente l’efficienza delle sue GPU AI, consentendo di offrire soluzioni domestiche a società cinesi alla ricerca di alternative a Nvidia e AMD.
A mio avviso, il fatto che Huawei non si sia arresa di fronte alle sanzioni e continui a investire ingenti risorse in ricerca e sviluppo è un segnale di grande vitalità industriale all’interno del panorama cinese. La sfida principale rimane legata alle rese produttive: senza un salto significativo nel yield, i chip a 3 nm prodotti da SMIC potrebbero non raggiungere la soglia di convenienza economica, rischiando di rimanere confinati a produzioni limitate o a prototipi di ricerca. Tuttavia, l’adozione di materiali avanzati come i nanotubi di carbonio apre prospettive interessanti, sia in termini di prestazioni sia di consumo energetico, che potrebbero rendere più sostenibile la produzione di processori di ultima generazione.
Guardando al futuro, è plausibile immaginare che entro il 2027-2028 Huawei riesca effettivamente a mettere sul mercato dispositivi basati su un chip a 3 nm, grazie a un miglioramento graduale dei yield e a una maggiore autonomia tecnologica. Questo scenario, per quanto ricco di incognite, rappresenta un’opportunità per l’intero settore: l’aumento della concorrenza nello sviluppo di nodi avanzati potrebbe stimolare nuovi investimenti nei Paesi occidentali e accelerare la ricerca di soluzioni alternative agli EUV, come la litografia a fascio di elettroni o tecniche emergenti di fotonica. In ogni caso, il cammino intrapreso da Huawei dimostra che l’innovazione può fiorire anche in situazioni di forte pressione geopolitica..