
Tra i corridoi di Bruxelles se ne parla da mesi, ma adesso c’è un primo dato concreto: da quando l’app di Spotify per iPhone può rimandare l’utente a un sito web esterno per completare l’acquisto, i passaggi da versione gratuita a Premium sono saliti “in modo significativo”. Il dato, custodito in una memoria depositata il 21 maggio presso la Corte d’Appello californiana per sostenere Epic Games contro Apple, è il primo indizio di come la libertà di scelta nei pagamenti incida sui ricavi di un servizio digitale. TechCrunch
Come siamo arrivati fin qui
- Digital Markets Act (DMA) – Dal 7 marzo Apple è obbligata, solo nell’UE, a consentire link esterni e store alternativi. Cupertino ha risposto con nuove commissioni (17 % su IAP e 20 % su vendite esterne) che Spotify definisce «tassa sull’aria» Spotify.
- Aggiornamento dell’app – Il 9 aprile Spotify ha pubblicato su App Store la release che mostra, nella schermata di upgrade, un pulsante “Continua sul web”. Il tap apre Safari con la pagina di checkout proprietaria, dove l’abbonamento costa 10,99 € anziché 11,99 € (il prezzo con IAP).
- Primi risultati interni – Nel giro di quattro settimane l’azienda guidata da Daniel Ek parla di una crescita di “diverse decine di punti percentuali” nei tassi di conversione iOS, pur senza divulgare cifre assolute. Anche 9to5Mac e Yahoo Finance riportano l’effetto positivo sulla subscriber base europea. 9to5MacYahoo Finanza
Le reazioni di Apple e il nodo “warning”
Apple, dal canto suo, ricorda che i banner di avviso (“Stai per uscire dall’App Store”) mostrati nell’UE esistono da anni per gli sviluppatori che usano link out in Corea del Sud e Olanda. TechCrunch evidenzia come la polemica social di metà maggio abbia ingigantito un elemento già previsto dalle linee guida. TechCrunch
Cupertino, inoltre, sottolinea che il 20 % di Store Services Fee copre strumenti di distribuzione, sicurezza e fatturazione. Ma la Commissione europea sta ancora verificando se tali costi siano “necessari e proporzionati” agli obblighi DMA; un esito negativo potrebbe ribaltare nuovamente lo scenario entro l’autunno.
Il contesto globale: chi guadagna di più?
La mossa di Spotify arriva mentre altre piattaforme — da Netflix a Tinder — valutano modelli ibridi per aggirare le commissioni Apple. Secondo un’analisi di Sensor Tower, nei primi tre mesi di apertura in Corea del Sud il traffico verso pagamenti esterni generava solo il 3 % delle revenue digitali, complice un UX “poco lineare”. In Europa, invece, l’abitudine a pagare online con carte e wallet diversi da Apple Pay riduce l’attrito e premia scelte come quella di Spotify.
Un pensiero personale
Da osservatore, non trovo sorprendente che gli upgrade aumentino non appena si riduce il prezzo finale. Più interessante è il messaggio politico: Spotify usa i suoi numeri come clava giuridica per sostenere Epic Games e, di riflesso, spingere la Commissione a inchiodare Apple a condizioni più eque. Se, nei prossimi mesi, gli incrementi dovessero stabilizzarsi, potremmo assistere a un effetto domino: gli sviluppatori più piccoli — finora intimoriti dalle complessità tecniche — inizieranno a proporre checkout esterni, e il famoso “30 % di Apple” (oggi 15 % per la maggioranza delle sottoscrizioni) perderà centralità. Per gli utenti significa prezzi potenzialmente più bassi, ma anche una UX meno integrata: la sfida sarà conciliare libertà di scelta e semplicità di utilizzo.