
Quando entri nella galleria immersiva del Museo Provinciale di Hubei e indossi un visore, la prima cosa che senti è il silenzio delle teche fisiche che lascia spazio a un’eco digitale di bronzo e fuoco sacrificale. «Traversing the Bronze Age» – questo il titolo dell’esperienza LBVR (Location-Based Virtual Reality) sviluppata da China Unicom Hubei e ZTE – non è un semplice giro turistico: è un tuffo cine-teatrale di 30 minuti dentro la quotidianità di 3 000 anni fa, reso possibile dal nuovo standard 5G-Advanced (5G-A). Secondo i partner, fino a 100 visitatori possono vagare contemporaneamente nello stesso spazio virtuale senza perdere nemmeno un frame.
Perché il 5G-A fa la differenza
Il 5G “tradizionale” arriva – almeno in laboratorio – a 20 Gbit/s; 5G-A promette di superare stabilmente i 10 Gbit/s in download in scenari reali, abbattendo la latenza sotto i 5 ms. Questo consente di spostare il rendering dalle pesanti backpack-PC alle edge-cloud GPU installate nel museo: risultato, visori leggeri, nessun cavo, nessuna batteria bollente, e soprattutto la libertà di correre, inchinarsi, stringere in mano (virtuale) un tripode Ding senza ritardi percettibili.
La ricetta tecnologica di ZTE
ZTE ha confezionato la soluzione EasyOn·Meta: piccole micro-BTS indoor con beamforming intelligente e scheduling a livello di slot, ottimizzati per i flussi voluminosi dei motori grafici Unreal. L’architettura è plug&play: bastano 4 ore per cablare la sala, due micro-BTS, e i visori vengono riconosciuti in rete come “terminali XR” prioritari.
Dal prototipo al pubblico
L’inaugurazione è avvenuta il 29 aprile 2025, nel weekend della Festa del Lavoro cinese, occasione perfetta per provare una novità museale. Nel giro di due settimane l’installazione ha registrato oltre 10 000 partecipanti, con una permanenza media di 27 minuti (l’esperienza completa dura 30). Secondo gli organizzatori, oltre la metà dei visitatori ha dichiarato di «aver imparato di più sul Bronzo in mezz’ora di VR che in un pomeriggio di audioguide».
Cultura digitale, un trend in crescita
Il caso cinese non è isolato: la Biblioteca di Alessandria ha sperimentato “Papyrus Redux”, il Louvre sta digitalizzando l’ala mesopotamica e il British Museum collauda ricostruzioni AR dei fregi del Partenone. Ma la forza di Hubei sta nella scala: qui non parliamo di un’esperienza one-to-one, bensì di un “cinema interattivo” multi-utente che sfrutta una rete pubblica mobile anziché Wi-Fi proprietario, abbattendo i costi operativi e aprendo la via a repliche itineranti in altri musei regionali.

Il mio punto di vista
Come appassionato convinto che la tecnologia debba servire alle storie (e non viceversa), trovo “Traversing the Bronze Age” un benchmark ideale: la rete 5G-A non è il fine, è il “backstage” invisibile che permette al curatore di fare divulgazione con la stessa fluidità di un videogame AAA. Se il modello prenderà piede, potremmo vedere nei prossimi cinque anni un boom di esposizioni “pop-up” in magazzini dismessi o centri commerciali, dove portare in tour il patrimonio archeologico senza trasportare un solo reperto reale. Un modo, forse, per salvare opere fragili e – perché no – ridare linfa a spazi urbani in crisi.