
Quando un operatore mobile che ha appena vinto la sfida di costruire la seconda rete 5G del Paese decide di accelerare ancora, il risultato non può che far notizia. U Mobile – il giovane ma agguerrito outsider arancione del mercato malese – ha appena firmato un accordo decennale da 2,4 miliardi di ringgit (circa 570 milioni di dollari) con Telekom Malaysia (TM) per usare la capillare rete in fibra dell’incumbent come dorsale di back-haul per il proprio “Next Gen 5G” su tutto il territorio nazionale.tm.com.my
L’intesa è stata siglata il 26 maggio 2025 a Kuala Lumpur, alla presenza del ministro delle Comunicazioni Fahmi Fadzil. In base al contratto, TM fornirà collegamenti in fibra dedicata a tutte le antenne 5G di U Mobile, spazi in data-centre e nei nuovissimi Edge Facility per i punti d’interconnessione, oltre a collegamenti tronco inter-regionali ad altissima capacità. Il vero asso nella manica, però, è la rete di oltre 740 mila km di fibra che TM ha già steso: il partner ideale quando bisogna portare traffico a decine di gigabit al secondo da una parte all’altra del Paese.
Perché la fibra conta più delle antenne
Senza back-haul adeguato, il 5G resta un gigante dai piedi d’argilla: le celle si saturano in fretta e le latenze si impennano. La scelta di affidarsi a TM permette a U Mobile di saltare anni di lavori civili e concentrarsi sul rollout radio. L’obiettivo – dichiarato con notevole ambizione dal CEO Wong Heang Tuck – è coprire l’80 % della popolazione entro la metà del 2026 con una rete 5G Standalone, già predisposta alla versione 5G-Advanced e al network slicing.
Gli analisti intanto fanno i conti: stando a CIMB Securities, TM investirà circa 430 milioni di RM fra 2026 e 2027 in nuovi cavidotti, apparati IP/MPLS di core e potenziamento elettrico dei nodi di rete. Una cifra pari a poco meno di un quinto dei ricavi garantiti dal contratto decennale, sintomo di margini interessanti e di un modello wholesale che fa bene a tutti: U Mobile evita di immobilizzare troppi capitali, TM valorizza ciò che ha già realizzato.
Il contesto: dal monopolio 5G alla concorrenza “dual-network”
Per capire perché il mercato malese sia così effervescente bisogna tornare al 2023, quando il governo ha abbandonato il modello di rete unica gestita da Digital Nasional Berhad (DNB) aprendo alla nascita di un secondo operatore 5G wholesale. Dopo una gara serrata fra colossi come CelcomDigi, Maxis e lo stesso TM, la spunta – un po’ a sorpresa – proprio U Mobile, con un piano giudicato più rapido e competitivo.
La strategia dell’azienda non si limita alla parte trasmissiva. Ad aprile ha firmato con Huawei e ZTE la fornitura di radio e core 5G: il colosso cinese curerà la penisola malese mentre ZTE si occuperà del Borneo, riequilibrando così la storica dicotomia est-ovest del Paese. Con la fibra di TM dietro le quinte e i vendor cinesi sul fronte radio, il mosaico tecnologico è quasi completo.
Cosa cambia per utenti e imprese
Nel breve periodo gli utenti U Mobile continueranno a usare la rete 5G di DNB grazie al contratto di roaming nazionale già in vigore, ma appena le prime stazioni SA saranno accese – e la cosa potrebbe avvenire prima di fine anno – potranno sperimentare velocità più elevate, latenze sotto i 10 ms e servizi evoluti come il slicing “per-app” pensato per gamer, creator e PMI.
Per le imprese – soprattutto manifatturiero, logistica e smart-city – la promessa è altrettanto allettante: edge-cloud a bassa latenza ospitato direttamente nei nodi TM e APN dedicati che sfruttano la dorsale ottica. In prospettiva, una competizione sana fra la rete DNB (alimentata da CelcomDigi, Maxis e YTL) e quella di U Mobile dovrebbe portare prezzi all’ingrosso più bassi e una copertura più uniforme anche nelle aree rurali del Sabah e Sarawak.
Il mio punto di vista
Al di là dei numeri, l’accordo segna un cambio di paradigma: l’ex monopolista di rete fissa diventa abilitatrice neutrale di chi, fino a ieri, era soltanto un concorrente mobile. È la dimostrazione che – quando il quadro regolatorio spinge sul “network-sharing” infrastrutturale – il risultato è un ecosistema più efficiente, capace di liberare risorse (e capitale) per l’innovazione vera: AI in edge, private 5G, IoT industriale. Personalmente, trovo interessante che TM parli esplicitamente di “Digital Powerhouse 2030”: se il modello funziona, potrebbe fare scuola in molti altri mercati emergenti dove fibra e 5G crescono a velocità diverse.
Conclusioni
U Mobile ha chiuso il cerchio della propria strategia 5G: vendor globali per la radio, fibra nazionale per il trasporto e un’agenda di copertura aggressiva. Per TM, invece, è l’ennesima conferma che investire per tempo nella posa di fibra – spesso sottovalutata perché “invisibile” – paga dividendi molto concreti. I prossimi 18 mesi saranno il vero banco di prova: se la copertura dell’80 % sarà centrata, la Malesia potrà fregiarsi di un modello dual-network capace di spingere il Paese tra i più avanzati del Sud-Est asiatico in termini di competitività digitale.