
Il 5 agosto 2025 AT&T, Ericsson e 1Finity – lo spin-off wireless di Fujitsu – hanno completato con successo la prima chiamata dati Open RAN utilizzando radio di terze parti collegate al nuovo baseband RAN Processor 6672 di Ericsson nei laboratori AT&T . È la dimostrazione pratica che l’interoperabilità promessa dallo standard O-RAN non è più solo slide di conferenza, ma rete che trasporta bit reali.
Cosa c’è dentro il test
Nella prova, il traffico è passato da unità radio 1Finity – progettate per C-band e bande 25/66 – al baseband Ericsson, il tutto orchestrato via interfacce aperte (fronthaul 7-2x). Rob Soni, VP RAN Technology di AT&T, ha parlato di «passo decisivo verso una rete aperta, agile e programmabile» . Dalla parte di Stoccolma, Johan Hultell ha messo l’accento sul ruolo di “collaudatore industriale” che Ericsson rivendica nello scenario Open RAN.
Non solo onde radio: l’arrivo delle rApp
Il test arriva a una settimana di distanza da un’altra prima volta: AT&T ha attivato sulla rete live la prima rApp di un fornitore terzo, eseguita sulla piattaforma Ericsson Intelligent Automation Platform (EIAP) tramite l’interfaccia R1 definita dall’O-RAN Alliance . In pratica, il cervello di controllo della rete smette di essere un monolite proprietario e diventa un “app-store” dove sviluppatori indipendenti possono caricare moduli di automazione.
Un investimento da 14 miliardi che comincia a fruttare
Il contratto quadriennale da 14 miliardi di dollari firmato da AT&T ed Ericsson a fine 2023 mirava a far girare il 70 % del traffico mobile su piattaforme aperte entro la fine del 2026 . A metà percorso le prime ricadute sono tangibili: interoperabilità radio, rApp operative e un’infrastruttura più “cloud-like” che separa hardware e software.
Perché è importante (anche fuori dagli USA)
Secondo l’analisi di SDXCentral, il vero nodo dell’Open RAN non è più la conformità ai protocolli, ma la gestione di un mosaico di vendor senza far esplodere complessità operativa e rischi di sicurezza . Il successo di AT&T fornisce un caso studio che ridimensiona lo scetticismo: se un incumbant con decenni di rete legacy riesce a integrare RU e DU multiproduttore, allora la strada è aperta per chi sta ancora valutando.
Uno sguardo europeo
In Europa Vodafone e Deutsche Telekom stanno sperimentando soluzioni simili, ma con timetable più cauti. Il caso statunitense mette pressione ai regolatori UE: sostegno a interfacce aperte significa più concorrenza contro i vendor incumbent, ma richiede anche nuove linee guida su certificazione di sicurezza e compatibilità energetica.

Il mio punto di vista
Da osservatore – e, confesso, appassionato di telco – vedo due messaggi chiari:
Non esiste transizione digitale senza transizione culturale. Il passo più difficile non è cablare una radio al baseband, è convincere reparto acquisti, ingegneri di rete e sviluppatori che la ricetta “un unico fornitore = meno problemi” è superata. Il vero vantaggio economico arriverà con lo scale-out delle rApp. Finché il conto alla rovescia resta fermo sul primo deployment, il ROI è più teorico che reale. Quando decine di micro-applicazioni ottimizzeranno consumi, allocazione spettrale e manutenzione, allora vedremo davvero quel 40 % di OPEX saving che Gartner pronostica dopo il 2027.
Prossime tappe
Fine 2025: estensione delle radio 1Finity ai mercati urbani ad alta densità. Inizio 2026: rilascio di un marketplace rApp aperto anche a ISV indipendenti. Q3 2026: obiettivo 70 % traffico AT&T su piattaforme Open RAN.
Se questi checkpoint verranno rispettati, potremo dire che la rete mobile di quinta generazione è finalmente diventata software defined anche nella parte di accesso radio. E allora – parafrasando un vecchio slogan – it’s not just another G.