
È una mattina di luglio a Châtillon, alle porte di Parigi, quando gli ingegneri di Orange e Nokia spingono l’acceleratore sullo spettro più conteso del momento: la porzione “alta” della banda 6 GHz (6 425-7 125 MHz). Sul prato di Orange Gardens svetta un’antenna Massive MIMO di nuova generazione; i tecnici avviano lo streaming dei dati e lo speed-test va subito in zona gigabit. In condizioni radio ottimali si toccano 1,6 Gbps con “solo” 100 MHz di larghezza di banda—valore che si tradurrebbe in circa 3,2 Gbps con i 200 MHz previsti dallo standard 3GPP n104. I risultati, pubblicati da Orange sul blog “Hello Future”, confermano due cose: la penetrazione indoor è paragonabile a quella della rete 3,5 GHz, e la banda 6 GHz è fatta per viaggiare veloce senza dover infittire troppo la griglia dei siti esistenti.Hello Future

Non è un semplice esercizio di laboratorio. Il traffico mobile europeo cresce del 25 % l’anno, e le applicazioni potenziate dall’IA—dallo spatial computing alla realtà mista—richiedono latenze basse e throughput elevati su base macro-cellulare. Ecco perché il test Orange-Nokia fa notizia: dimostra che le reti 5G-Advanced (e domani 6G) potranno rincorrere la domanda senza affidarsi alle sole micro-celle millimetriche. Lo spettro a 6 GHz, infatti, è l’ultima “mid-band” davvero estesa disponibile per coperture a tappeto; perderla significherebbe dover aspettare (e sperare) in nuove assegnazioni oltre gli 8 GHz o in improbabili liberazioni a 4,8-5 GHz.GSMA

Una banda, due visioni opposte
Come spesso accade, il problema non è tecnico ma politico. A Bruxelles infuria il duello fra operatori mobili e industria Wi-Fi: i primi chiedono l’intera fetta da 700 MHz, i secondi vogliono proseguire la strada di Wi-Fi 6E/7 con spettro licence-exempt. Il 27 giugno il portale TelecomTV ha riassunto la disputa, ricordando che il Radio Spectrum Policy Group (RSPG) pubblicherà un parere definitivo solo il 12 novembre 2025; nel frattempo l’Alleanza Wi-Fi e il GSMA si scambiano lettere aperte, grafici e—va detto—frecciatine.TelecomTV
Alle parole si affiancano i numeri. Un documento sottoscritto il 7 maggio dai CTO di dodici big europei (Orange inclusa) calcola che, senza la banda 6 GHz, il mobile contribuirebbe molto meno all’8,4 % di PIL globale stimato per il 2030. Gli operatori temono inoltre che una decisione tardiva faccia scappare gli ecosistemi industriali verso mercati più rapidi—forse oltreoceano, dove la FCC ha già liberalizzato 1 200 MHz di spettro a 6 GHz per uso unlicensed.GSMA
Non tutti i regolatori, però, vedono la questione in bianco e nero. Nell’ultima consultazione, Ofcom (Regno Unito) ha proposto un modello di “hybrid sharing” che agevola Wi-Fi indoor a bassa potenza e mobile outdoor, promettendo uno statement definitivo nel 2025 dopo vari trial co-finanziati dal governo. È un approccio di compromesso che, se funzionasse, potrebbe indicare una terza via anche per l’UE.www.ofcom.org.uk
I muscoli tecnologici: Massive MIMO, beamforming e carrier aggregation
Tornando al campo prove di Châtillon, l’hardware in gioco non è un prototipo qualunque: Nokia ha condensato 192 elementi radianti in un’antenna compatta, ciascuno controllato da un ensemble di amplificatori GaN ad alta efficienza. Il beamforming digitale concentra l’energia là dove serve, compensando la maggiore attenuazione del 6 GHz attraverso muri e vetri, e la carrier aggregation a 6 GHz/3,5 GHz rende trasparente per l’utente il salto di banda. Nokia aveva già dimostrato concetti simili con Telia in Svezia—lì si parlava di outdoor suburbano e throughput di picco oltre 1,4 Gbps—ma la novità di Orange è la verifica su rete macro reale con indoor-coverage misurato stanza per stanza.Nokia.comNokia.com
Personalmente ho provato a confrontare questi valori con i dati mmWave italiani a 26 GHz: lì si sfondano agevolmente i 2-3 Gbps, ma la portata scende a poche centinaia di metri e servono celle fittissime. Non è un gioco a somma zero: pensate a un futuro rete-concertata in cui 6 GHz copre la macro-base, mentre 26 GHz riempie gli hot-spot indoor densi (stadi, centri congressi, stazioni). In questo scenario la banda 6 GHz diventa la “spina dorsale” di 6G, e buttarla tutta nel Wi-Fi vorrebbe dire rimettere in discussione l’intero modello di business delle reti pubbliche.
Il nodo regolatorio: cronometro alla mano
Nei corridoi di Bruxelles circola un adagio: “chi prima norma, detta la supply-chain”. Se l’UE aspetta troppo, i vendor potrebbero ottimizzare le radio per i mercati USA e Asia, dove lo spettro è già assegnato; replicare in Europa significherebbe costi extra e ritardi di ecosistema. Lo stesso vale per i chipset: gli OEM progettano in base ai volumi. Spezzare la banda in segmenti asimmetrici o introdurre schemi di condivisione complessi può far deragliare le economie di scala. Gli operatori, dal canto loro, hanno investito miliardi in 3,5 GHz puntando su una roadmap evolutiva che ora passa proprio per i 200 MHz continui a 6 GHz. Se saltasse quel tassello, si aprirebbe un gap nella catena di aggiornamenti verso 5G-Advanced Release 18-19 e, soprattutto, verso il primo 6G commercializzabile nel 2030.
Conclusioni (e un pizzico di ottimismo)
La demo Orange-Nokia non risolve il braccio di ferro politico, ma sposta l’ago della bilancia: dimostra che gigabit stabili e buona copertura indoor non sono un miraggio fuori dalla banda C. Nel frattempo i regolatori hanno in mano una decisione che influenzerà la competitività europea per un decennio; sarebbe un peccato lasciarla impantanare nel pantano del “Wi-Fi vs mobile” senza dati concreti sul campo. Chi scrive è convinto che un equilibrio si troverà, magari con licenze flessibili e meccanismi di sensing automatico, ma il tempo stringe. Intanto, godiamoci il risultato: l’asta del 6 GHz è già partita—non nelle sale dei ministeri, ma nella mente degli ingegneri che progettano la prossima rivoluzione connessa.